La dipendente infedele era già stata condannata a 2 anni per bancarotta e falso
BUCO DI 2,5 MILIONI ALLA "OMC": QUATTRO ANNI A SILVIA CANZIAN
Accusata di furto, avrebbe speso in abiti il denaro sottratto alla ditta

COLLE UMBERTO – (gp) In tre anni aveva alleggerito le casse dell'azienda per cui lavorava, la Omc di Colle Umberto, di 2,5 milioni di euro per comprarsi abiti di lusso delle più pregiate griffe di alta moda.
Nonostante lo sconto di un terzo della pena in virtù del rito abbreviato, la 49enne di San Vendemiano Silvia Canzian è stata condannata dal giudice Piera De Stefani a una pena di quattro anni di reclusione e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva, a titolo di risarcimento danni all'azienda che si è costituita parte civile con l'avvocato Federico Vianelli, di un milione e 200 mila euro. Poteva andare peggio alla donna, finita a processo per furto aggravato e difesa in aula dall'avvocato Patrizia Vettorel, visto che il pm aveva ipotizzato una condanna a cinque anni di galera.
Secondo quanto stabilito dagli inquirenti la donna, oltre ad aver acquistato abiti di lusso con quel denaro sottratto tra il 2010 e il 2012, avrebbe anche comprato un'Audi A6 Allroad e avrebbe dirottato sul proprio conto corrente personale circa 110 mila euro. Le indagini hanno verificato che la 49enne si sarebbe resa responsabile delle condotte contestate avendo a disposizione tutti i codici di e-banking per i pagamenti di "stipendi", "bonifici" e "fatture da ricevere".
La condanna a quattro anni va a sommarsi a quella già rimediata il 31 ottobre 2013 a due anni, con doppi benefici di legge, per i reati di bancarotta e falso. Una vicenda che riguardava un “buco” di mezzo milione di euro dell'azienda di famiglia, la Idrotermica Sicaf di Santa Lucia di Piave dichiarata fallita il 31 gennaio 2007.
Stando alle accuse Silvia Canzian avrebbe prelevato 70 mila euro dal conto corrente intestato alla Idrotermica Sicaf, 104 mila pari al debito maturato nei confronti dell'Inail per i contributi dei lavoratori del periodo 1999-2004, e si sarebbe intascata 394 mila euro corrispondenti all'apparente oggetto di alcune deleghe bancarie. Oltre alla bancarotta, era chiamata a rispondere del reato di falso perché avrebbe formato falsi modelli di pagamento e timbri di banche, attestanti l'avvenuta ricezione di pagamento delle somme destinate ai lavoratori.