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La nostra rubrica sul mondo golfistico a cura di Paolo Pilla
PILLOLE DI GOLF/209: AL VIA IL CHALLENGE 2018 DELL'AIGG
A Roma debutta la stagione dei giornalisti golfisti

Il Marco Simone è a breve distanza dal centro di Roma su oltre cento ettari di campagna, con 27 buche magistralmente scolpite su terreno ondulato, caratterizzate da ostacoli naturali. L’architetto americano Jim Fazio, che le ha disegnate, ha fatto in modo che da ogni dove si potesse intravedere il Cupolone. Nasce nel 1989 il Campo, attorno all’antico castello, la cui costruzione risale all’anno 1000. Nel 1547, cinquecento anni dopo l’erezione del maniero, fu Marco Simone, figlio di Simon de’ Baldi, a dargli l’appellativo “Castello di Marco Simone”. Dopo esser passato più volte di mano, ai giorni nostri il castello era diventato un rudere. Fu alla fine degli anni ’70, che Laura Biagiotti e il marito Gianni Cigna lo acquistarono con qualche ettaro attorno. Sotto il parere vincolante delle Belle Arti provvidero alla ristrutturazione, e ne fecero la propria residenza, dove la grande stilista lavorava alle sue creazioni. Lo ebbero dal principe Brancaccio, che possedeva anche l’ampio terreno agricolo adiacente, su cui era interessato un imprenditore di origine abruzzese, tale Simone Di Carmine, mobiliere in quel di Tor Lupara, cui l’acquisto non riuscì. Anche quel terreno finì allora proprietà di Laura Biagiotti, lì nacque il Campo da Golf, un’oasi rigeneratrice soprattutto per i Romani,

Ma veniamo alla gara. Purtroppo, invece che trovare una giornata di calda primavera romana, ci siamo imbattuti in freddo e tanta pioggia. Io, e qualche altro, ci siamo limitati a giocare soltanto le prime nove buche, che son comunque bastate per farmi rientrare tutto fradicio. Molti altri hanno resistito, e alcuni hanno anche realizzato score di tutto rispetto: Stefano Balducci ha vinto il netto in 1° categoria, Dario Bartolini il primo Lordo, e Ruggiero Palombo è stato il migliore in seconda. Il Campo è stato bravo, ha resistito più che bene a tutti quei giorni di pioggia.
Alla premiazione, con calore, il presidente Chimenti ha ripercorso le tappe di assegnazione all’Italia della sfida golfistica tra Europa e America, e ha ricordato il programma, ormai in atto, che ne è scaturito da qui al 2022. La padrona di casa Lavinia Biagiotti Cigna, ha confermato che subito inizieranno i lavori sul Campo richiesti dall’European Tour, per realizzare le necessarie modifiche, e ci ha poi deliziato con una buonissima cena, raffinata come solo lei sa fare. La

Il giorno dopo all’Olgiata splendeva il sole, ma tanto freddo era, e forte vento, che non mi ha permesso un bel gioco. Ho comunque apprezzato il Campo che già conoscevo: molto grande, una club house da perdersi, un ambiente pregno di storia, dimora un tempo degli Etruschi, che con l’aiuto dei Venetici diedero origine a Roma. Qui accanto edificarono la città di Vejo, emblema di grande civiltà. Il toponimo Olgiata deriva dagli Olgiati, una ricca famiglia originaria di Como, che nel ‘500 vi creò un feudo. Anche qui, nonostante i tanti passaggi di mano che incorsero a seguito di fallimenti, bancarotta, e aste, videro un terreno fertile dare sempre abbondanza di avena, lino, orzo. Con un percorso impegnativo, il forte vento e il freddo, non ci sono stati grossi risultati. A premio sono andati i più forti: per la prima categoria Dario Bartolini, per la seconda Albert Tamietto. Io, mi son beccato la forchetta di legno.
Ai saluti, il Presidente dell’Olgiata, Giovanni Sernicola, ci ha formalmente invitati per un’altra gara. Fulvio Golob ha accettato, ed è stato allora deciso di disputare qui la finale del challenge 2019.
Concluse le due tappe romane, l’associazione volge ora la prua a nord, in

Paolo Pilla


