A Casa Marani una conferenza con il prof. Marco Trabucchi
LA SOLITUDINE CHE UCCIDE
Un anziano su quattro non ha nessuno al quale chiedere aiuto
L’allarme è stato rilanciato dal professor Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, che ha inaugurato a Villorba la prima delle Conferenze di Casa Marani, davanti ad una folta platea riunita nella Barchessa di Villa Giovannina; persone che a vario titolo lavorano con gli anziani o guidano strutture che si occupano della terza età e si chiedono se sappiamo davvero tutto su questa fase della vita.
Il titolo dell’incontro era proprio questo: “Cosa sappiamo veramente del diventare anziani? E' un problema, una risorsa, un costo? O solo una fase della vita ancora da scoprire e indagare...”.
“Dobbiamo metterci in testa che la solitudine è qualcosa di mortale, come dice la letteratura - ha sottolineato Trabucchi - non soltanto qualcosa che possiamo psicologicamente superare. E la collettività deve particolarmente impegnarsi sulla solitudine dell’anziano perché è quella più dolorosa, anche soggettivamente, perché l’anziano solo soffre moltissimo. Il grave problema è quello dell’anziano solo in casa, della solitudine caratterizzata come situazione nella quale non può chiedere aiuto a nessuno. I dati dell’Istat dello scorso anno evidenziano che in Italia quasi il 30% degli ultrasettantenni, ovvero uno su quattro - è solo, nel senso che non ha nessuno a cui chiedere aiuto. Dati drammatici che non possono non stimolare la collettività”.
Non a caso il professor Trabucchi è tra gli inventori dell’Alzheimer Fest che quest’anno a settembre, dal 13 al 15, si terrà proprio a Treviso. “Il problema e quello di organizzare servizi per l’Alzheimer – spiega Trabucchi – perché speso i centri fanno diagnosi ma poi non accompagnano, spesso non possono farlo, l’anziano in tutto il percorso. Magari danno l’appuntamento dopo un anno e in quell’anno tutto può cambiare. L’anziano soffre, accusa problematiche alimentari, di sonno, comportamentali. Se le famiglie non hanno un aiuto la situazione diventa drammatica.
Al di là del ruolo della famiglia, fondamentale per invecchiare bene, sta cambiando molto l’approccio verso gli anziani anche nelle strutture che li accolgono. Non vengono più chiamati ospizi o case di riposo e in effetti è finita - speriamo ovunque - l’epoca dei centri in cui si intontiscono le persone anziane con farmaci per farle stare quiete. Oggi nelle residenze dedicate, Casa Marani ne è un esempio, si fanno attività ricreative quotidianamente: la fisioterapia con il gioco, i lavori creativi manuali, ed ancora pet therapy, musica dal vivo, ma soprattutto da qualche tempo tanti incontri con la società più giovane, anche con i bambini e i ragazzi delle scuole.
Invecchiare attivamente, dunque, è soprattutto non perdere il contatto con il resto del mondo, quello frenetico che spesso non ha tempo per l’anziano.
Se la società esprime amore e vicinanza, se le famiglie riescono a dimostrare supporto non è poi così difficile invecchiare bene. Allora quale si ipotizza possa essere il futuro?
Partiamo da una certezza: le strutture dedicate certamente non basteranno a fronte di una popolazione anziana crescente, ecco perché si sta lavorando per implementare l’assistenza delle persone anziane sul territorio, a domicilio. Un aiuto concreto, garantito nella qualità, che possa far sentire l’anziano meno solo e possa dare nel contempo tranquillità alle famiglie.
