TREVISO - Grande confusione riguardante gli alloggi popolari e la recente riforma della Regione Veneto che aveva messo in evidenza la carenza di alloggi rispetto alle richieste, che soddisfano solo il 7% delle domande in provincia di Treviso e aveva ricalcolato i parametri ISEE per poter stare in abitazioni popolari, mettendo però in difficoltà molti cittadini. L'attenzione dei sindacati è rivolta specialmente alla questione sociale e psicologica che colpisce le persone più anziane e chi non può permettersi di pagare di più del canone pagato fin'ora, che seppur basso, per alcuni è impossibile. I sindacati chiedono alcune modifiche alla riforma come l'aumento dell'ISEE per la decadenza a 30.000 euro e la gestione degli over 75 e dei disabili, la franchigia sul TFR per i risarcimenti assicurativi, e l'eliminazione dell'IVA sui canoni d'affitto. Per i sindacati dovrebbe essere preso in esame il contesto in cui vivono queste persone quando viene fatta l'assegnazione, anche perché spesso se il canone è basso e le spese condominiali sono alte, non si risolve il problema. In più bisognerebbe evitare di ghettizzare gli abitanti assegnando gli alloggi in modo eterogeneo, senza creare spazi solo per anziani e spazi solo per giovani. 
Una delle proposte che guardano al futuro è quella del Co-Housing, e cioè la condivisione degli spazi tra più persone, cosa che all'estero già esiste. Patrimoni immobiliari non utilizzati potrebbero essere rimessi sul mercato e creare così un circolo virtuoso in cui anche i giovani possono cominciare un mutuo e trovare una sistemazione. E poi ci sono le persone nella cosiddetta “zona grigia”, e cioè che possono permettersi un affitto un po' più alto rispetto alle case popolari, ma non riescono a pagare affitti troppo alti come quelli sul mercato o aprire un mutuo. Per questo si è pensato al Social Housing, e cioè un utilizzo di alcuni spazi che erano beni dello stato, un tempo abitati dai funzionari dello stato, abitazioni ora vuote in quartieri degradati della città, che potrebbero essere abitate e restaurate da giovani e famiglie che ne hanno bisogno. Sono moltissimi i giovani precari che non fanno domanda di alloggio popolare perché sanno già di non avere la possibilità di entrare in questi alloggi. “Una riforma era necessaria perché l'ultima risaliva al '96, però la riforma delle case popolari andrebbe integrata nella questione più ampia della politica della casa”, ha affermato Alessandra Gava, segretaria provinciale SUNIA CGIL di Treviso. I sindacati quindi chiedono una modifica alla riforma e un'attenzione maggiore al problema della casa, che non riguarda solo i cosiddetti poveri, gli anziani con pensioni basse che non arrivano a fine mese e le famiglie con disabili a carico, ma anche i giovani precari e i lavoratori che comunque hanno difficoltà a sostenere un tenore di vita troppo alto per le proprie possibilità.