VENEZIA – Il Goldoni della commedia dell’arte prima del nuovo teatro riformato, il Goldoni meno conosciuto, riemerge da un manoscritto inedito della commedia: "Il cavaliere e la dama". L'opera è stata ritrovata da Riccardo Drusi (Università Ca’ Foscari) presso la SächsischeLandesbibliothek di Dresda. Si tratta di un manoscritto settecentesco in una redazione diversa da quella stampata e che rispecchia, con ogni probabilità la forma più vicina al testo inizialmente concepito per la rappresentazione.“Se infatti nelle edizioni a stampa – ci spiega Riccardo Drusi, docente di Letteratura italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici - l'autore si premura di dichiarare che, rispetto all'originale portato in scena nel 1749, ha proceduto alla sostituzione delle maschere dialettali con altrettanti personaggi che parlano in lingua, la redazione di Dresda vede invece agire Pantalone, Arlecchino, Brighella, ciascuno nell'idioma che gli è più tipico. Insomma, già per queste varianti, il manoscritto appare come un tassello molto importante per ricostruire quelle fasi più remote della scrittura goldoniana che l'autore stesso efficacemente occultò in nome della sua 'riforma' teatrale”.
La riforma del genere teatrale della commedia da parte di Carlo Goldoni consistette principalmente, nella stesura per intero dei dialoghi e nella abolizione delle maschere. A tali convinzioni Goldoni approdò tuttavia progressivamente, e dopo aver almeno in parte condiviso le precedenti esperienze di scrittura per le compagnie professioniste. “Era questo un passato imbarazzante – continua Drusi - perché incompatibile con la nuova linea di Teatro riformato, e che Goldoni cercò in ogni modo di cancellare: quando si trattò di dare alle stampe le proprie opere, le commedie scritte secondo i vecchi criteri vennero da lui sottoposte a una sostanziale rielaborazione. Per questo motivo, della stagione più remota del Goldoni autore, quella in cui egli ancora scriveva abbozzi di scene affidati all’inventiva attoriale e le maschere predominavano, pareva perduta qualsiasi testimonianza. Ciò almeno fino a oggi”. Fino a che la SächsischeLandesbibliothek di Dresda e lo spirito di ricerca di Riccardo Drusi non ci hanno restituito un Goldoni che noi ancora non leggevamo, più genuino e scenico, un Goldoni più vicino a quello che effettivamente veniva rappresentato negli anni ’40 del Settecento.
Ma perché Dresda? Il fatto che il manoscritto fosse lì, testimonia i rapporti con il coevo teatro del principato di Sassonia e la sensibilità dei reali di Sassonia per la scena teatrale veneziana. Le compagnie dell’epoca partivano in tour nelle capitali europee, tra cui Dresda era luogo privilegiato, e si portavano dietro il manoscritto.
"Il cavaliere e la dama" è una tappa fondamentale nel cammino di Goldoni verso la riforma. Il manoscritto ritrovato, che è inedito, non è firmato ed è datato 1752, vede ancora l’intervento di Pantalone, Arlecchino, Brighella, parlanti ciascuno nell’idioma che gli è più tipico, mentre le edizioni seguenti offrono personaggi alternativi e dalla lingua più scialbamente letteraria. Non mancano, sempre nel manoscritto di Dresda, situazioni riassunte a grandi linee e non scandite in dialoghi, in attesa di essere tradotte scenicamente dagli attori stessi. Insomma, un documento importante per conoscere il Goldoni anteriore alla riforma, e che Riccardo Drusi intende continuare a studiare, anche in vista di una edizione critica.