"Tre minuti di Apocalisse", morte duemila persone
9 OTTOBRE 1963, SONO PASSATI 57 ANNI DALLA TRAGEDIA DEL VAJONT
Alle 22.39, l'onda spazzò via Erto, Casso, Longarone

Il processo si tenne dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971, e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi. Un processo ingiusto, in cui tra l'altro il risarcimento ai superstiti fu insignificante.
Tra colpe ed errori, per mano dell'uomo, vi fu l’aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico, l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza, e soprattutto il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione.
Un disastro annunciato, perché tutti sapevano che il Toc si muoveva, ma erano tanti gli interessi economici che stavano dietro il bacino idrico.
«Inizia l’ultimo giorno. Il 9 ottobre è una stupenda giornata di sole. Di questa stagione la montagna è splendida, rifulge di caldi colori autunnali. La gente di Casso va e viene ancora dal Toc, portando via dalle case e dagli stavoli più cose possibili. Ma altra gente non vuole abbandonare le case e i beni, malgrado l’avviso fatto affiggere dal Comune, pressato dalle richieste provenienti dal cantiere (Viene la sera) e la gente, adesso, è tutta nei bar a vedere la televisione. Sono ancora pochissimi i televisori privati e in Eurovisione c’è la partita di calcio Real Madrid-Rangers di Glasgow. Due squadre molto forti, una partita da non perdere. E infatti molta gente è scesa dalle frazioni a Longarone, e anche da altri paesi della valle, per godersi lo spettacolo nei bar. La gente si diverte, discute, scommette sulla squadra vincente. Sono le 22.39. Un lampo accecante, un pauroso boato. Il Toc frana nel lago sollevando una paurosa ondata d’acqua. Questa si alza terribile, centinaia di metri sopra la diga, tracima, piomba di schianto sull’abitato di Longarone, spazzandolo via dalla faccia della terra. A monte della diga un’altra ondata impazzisce violenta da un lato all’altro della valle, risucchiando dentro il lago i villaggi di San Martino e Spesse. La storia del “grande Vajont”, durata vent’anni, si conclude in tre minuti di apocalisse, con l’olocausto di duemila vittime.»
Queste le parole scritte all'epoca dalla giornalista de l’Unità Tina Merlin.