TREVISO - I finanzieri del Comando Provinciale di Treviso, coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, hanno individuato e neutralizzato una particolare frode informatica, realizzata da una 41enne romena, residente in provincia di Padova.
La frode, conosciuta come “Man in the middle”, consiste nell’intercettare la mail con la quale un venditore invia al cliente la fattura o un altro documento commerciale, contenente i dettagli del conto corrente su cui effettuare il pagamento di un servizio o di un bene.
Il truffatore, infatti, dopo essere riuscito ad accedere abusivamente alla casella di posta elettronica della vittima, avvia una paziente attività di osservazione delle mail scambiate tra venditore e cliente, che può durare anche settimane o mesi, in attesa che il messaggio di posta elettronica, contenente il codice IBAN su cui versare la somma, giunga nella casella di posta in arrivo del cliente (da qui l’altro nome della truffa, “Man in the mail”). In quello stesso momento, con tempestività e accurata perizia criminale, interviene per sostituirlo con il proprio codice IBAN: a questo punto, l’ignara vittima esegue il bonifico non sul conto corrente del venditore, ma su quello del truffatore.
Una volta che la somma è stata accreditata, il truffatore provvede, immediatamente, a svuotare il conto corrente, effettuando una serie di bonifici su conti esteri o tramite prelievi multipli, con più carte bancomat associate allo stesso conto.
È quanto è capitato a un imprenditore della provincia di Venezia, che si è presentato alla Guardia di Finanza non appena si è reso conto che un bonifico di ventimila euro, per l’acquisto di un’auto presso una concessionaria veneta, non era andato a buon fine: la somma infatti risultava regolarmente addebitata, ma non era mai pervenuta al rivenditore di auto.
Le Fiamme Gialle della Compagnia di Treviso hanno immediatamente avviato le indagini e, anche attraverso l’acquisizione dei file di log dei messaggi di posta elettronica della vittima (una sorta di “scatola nera” virtuale, contenente le informazioni sul funzionamento di una macchina o di un programma), hanno ricostruito l’intera vicenda, smascherando la truffa e bloccando immediatamente il conto corrente che la truffatrice aveva utilizzato per appropriarsi della somma, in attesa del successivo intervento dell’Autorità Giudiziaria di Milano, competente in relazione alla sede della filiale di “appoggio” del conto. In tal modo, al blocco del conto corrente è seguito il sequestro penale della somma frutto della frode informatica, che è stata restituita alla vittima, mentre la truffatrice rischia ora una condanna fino a tre anni di reclusione.