TREVISO – (gp) “Ero lì e ci sono rimasta per tutto il tempo. Ho assistito agli sforzi dei medici che hanno provato l'impossibile e non posso fare altro che ringraziarli. Non abbiamo mai avuto dubbi e il tentativo di screditare il loro operato va oltre l'ingannevole. questa strategia è offensiva nei nostri confronti ma soprattutto nei confronti di Giuliana”. A parlare è Antonella Favaro, la zia della piccola Giuliana morta annegata nelle acque del Monticano a Oderzo il settembre del 2009. La donna ha rilasciato questa breve ma significativa dichiarazione nel corso dell'ottava udienza del processo che vede imputata con l'accusa di omicidio volontario Simone Moreira, la brasiliana 24enne che secondo gli inquirenti avrebbe ucciso la figlia gettandola nel fiume opitergino. I legali della donna, gli avvocati Antonio Forza e Alvise Tommaseo Ponzetta, esaminando i loro testi hanno infatti cercato di dimostrare che la piccola poteva essere salvata e che le manovre dei sanitari non avrebbero seguito le procedure. Una lotta tra manuali quella a cui si è assistito di fronte alla Corte d'Assise del tribunale di Treviso, con accusa e difesa a darsi battaglia su orario di morte della bambina e su misure sanitarie a cui sono ricorsi i medici dopo il ritrovamento di Giuliana. Una guerra il cui vincitore sarà deciso dai giudici, e che al momento raccoglie agli atti la tesi difensiva secondo cui il defibrillatore semiautomatico usato per rianimare Giuliana avrebbe avvertito un'attività elettrica ventricolare lenta due ore dopo il presunto decesso della piccola, un ritmo cardiaco non provocato dall'adrenalina. Di diverso avviso l'accusa, che porta come prova il referto autoptico secondo cui Giuliana è morta circa un'ora e mezza prima del ritrovamento, avvenuto cinque minuti dopo la mezzanotte del 2 settembre 2009. Intanto la Corte d'Assise, a sorpresa, ha disposto una super-perizia per stabilire le cause e l'orario della morte della piccola Giuliana Favaro.